Sicurezza acqua del Gran Sasso: il Tribunale di Teramo assolve tutti gli imputati di INFN, Strada dei Parchi e Ruzzo Reti. Il fatto non sussiste

Il Tribunale di Teramo, dopo sei anni e otto dai fatti, ha assolto i 10 imputati protagonisti dell’inchiesta aperta nel 2017 inseguito a un’emergenza di potabilità dell’acqua del Gran Sasso, il cui utilizzo venne bloccato per diversi giorni in 32 comuni del Teramano.

Il giudice monocratico Claudia Di Valerio ha assolto tutti gli imputati, tra cui gli ex vertici dell’Istituto di fisica nucleare del Gran Sasso, Strada dei Parchi e Ruzzo Reti.

Ai dirigenti veniva contestata una serie di reati come l’inerzia nelle azioni necessarie a mettere in sicurezza le acque del Gran Sasso, nei pressi delle cui sorgenti convivono in un ‘condominio impossibile’ – come definito da molti tecnici -, sia i Laboratori dell’Infn che l’autostrada e la società acquedottistica Ruzzo che rifornisce il Teramano.

Prosciolti “perché il fatto non sussiste” tre dirigenti di Strada dei Parchi, società concessionaria delle autostrade A24 e A25: si tratta di Lelio Scopa, all’epoca dei fatti presidente del consiglio di amministrazione della Strada dei Parchi; Cesare Ramadori, all’epoca dei fatti amministratore delegato di Strada dei Parchi dal 30 maggio del 2011; Igino Lai, all’epoca direttore generale di esercizio di Strada dei Parchi con compiti in materia di tutela dell’ambiente dal 2011.

La Procura della Repubblica di Teramo aveva chiesto condanne a un anno e 8 mesi e 40mila euro di multa ciascuno per i dieci imputati, tra cui gli ex vertici, oltre di Strada dei Parchi, dell’Istituto di fisica nucleare, Strada dei Parchi e Ruzzo Reti, tra cui Fernando Ferroni, all’epoca dei fatti presidente dell’Istituto di fisica nucleare; Stefano Ragazzi, all’epoca dei fatti direttore dei laboratori nazionali dell’Istituto di fisica nucleare; Raffaele Adinolfi Falcone, all’epoca dei fatti responsabile del servizio ambiente dei laboratori dall’ottobre del 2005;  Antonio Forlini, ex presidente di Ruzzo Reti; Domenico Giambuzzi, all’epoca dei fatti responsabile dell’area tecnica della Ruzzo Reti; Ezio Napolitani, all’epoca responsabile dell’unità operativa di esercizio della Ruzzo Reti; e Maurizio Faragalli, responsabile del Servizio acquedotto della Ruzzo Reti dal 17 gennaio 2014.

Le motivazioni della sentenza saranno rese note entro 90 giorni.

Dura la reazione del WWF, parte civile nel processo: «È difficile accettare che nessuno risponda di quanto accaduto il 9 maggio 2017, quando oltre 700.000 cittadini rimasero senz’acqua. Dopo otto anni di rinvii e milioni di euro spesi, la messa in sicurezza dell’acquifero non è ancora completata. Restano criticità strutturali e mancano risposte concrete sulla tutela di una risorsa vitale per l’intera regione».

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